lunedì 24 ottobre 2016

La Costituzione alterata per compiacere l'Europa e...

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23 dicembre 1947: Enrico De Nicola firma la Costituzione Italiana



MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE 
 


Art. 1. 

(...) Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori (...)

Così, tanto per incominciare, evidenziamo l'articolo 1 che dovrebbe imporci, per Costituzione, una sudditanza a vita, dell'Unione Europea.

Questo è il motivo principe,crediamo, che spinge Merkel e compagni all'esaltazione del si al referendum: quale Stato mondiale potrebbe inserire nella propria Costituzione, la volontà di perdere la dignità di Nazione autonoma?

Troviamo criminale questa scelta;

svendere la Patria con la complicità di un Parlamento di venduti e corrotti, oltretutto eletti con una legge incostituzionale, è abominevole, e lo è ancora di più, fidando arrogantemente nella risposta di una maggioranza che tale non è.

La riforma sostanzialmente non muta i costi della politica

Le spese per il Senato ammontano, attualmente, a circa 540 milioni di euro. 

Nel 2015 questa istituzione dal bilancio pubblicato sul sito del Senato, risulta chiaramente che la spesa per le indennità dei senatori, (pari a circa 42 milioni di euro, ossia meno del 10% del totale), è solo una piccola frazione del costo complessivo dell’Istituzione. 

Rimarrebbero invariati, invece, i costi legati alla diaria (attualmente pari a circa 37 milioni di euro) comprensiva delle spese di viaggio e di permanenza a Roma, nonché quelli più rilevanti, legati alle pensioni di ex senatori ed ex dipendenti (ben 233 milioni di euro), agli immobili, ai Se la logica è quella del risparmio, perché non ridurre sia i senatori che i deputati? 

Nel tempo sono stati avanzati diversi progetti di riforma che proponevano di ridurre il numero dei membri di entrambe.

Quanto pesa la spesa per le indennità dei senatori in carica? 

Perché non diminuire anche il numero dei deputati? 

Ha gravato sul bilancio complessivo dello Stato per una percentuale dello 0,064%, con un rapporto di 1:1.568. 


Anzi: una delle disposizioni finali della riforma, allo scopo dichiarato di rendere più efficiente la gestione delle due Camere, istituisce un ruolo unico dei dipendenti del Parlamento. 

Si costituzionalizza, così, questa figura di funzionario statale, con il rischio di sottrarla definitivamente alle manovre di risparmio che interessano tutti gli altri dipendenti pubblici (spending review, blocco del turn over e degli scatti stipendiali, tagli delle pensioni, etc.). 


Nela graduatoria degli Stati con il maggior numero di parlamentari per abitante, l’Italia si colloca al 22° posto sui 27 Paesi considerati. 

Gli Stati di dimensione comparabile presentano valori analoghi: in Italia ci sono 1, 6 parlamentari ogni 100mila abitanti; 

in Francia 1,4 e in Spagna 1,3. 

Hanno invece una posizione particolare il Regno Unito (2,4 parlamentari ogni 100mila abitanti) e la Germania (0,8 parlamentari ogni 100mila abitanti).

Al di là dei numeri, che come si è visto sono assolutamente nella norma, la discussione sul numero adeguato di parlamentari dovrebbe essere preceduta da una seria riflessione sulla rappresentanza: 

chi o che cosa si vuole rappresentare? 

Come? 

Per esercitare quali competenze? 

www.ilbollettinoirpino.blogspot.it

Invero, se la funzione del Senato deve essere, come si dice, quella di tutelare le competenze regionali e di rappresentare le istanze degli enti regionali (e non direttamente l'elettorato della Regione), allora il numero dei suoi componenti si può ridurre ulteriormente, alterando il rapporto popolazione/ rappresentanti, (ad esempio assegnando un numero fisso e uguale di delegati ad ogni ente territoriale, a prescindere dalla sua consistenza demografica, come avviene negli Stati Uniti). 

La riforma, però, non sposa questa logica. 

Riduce soltanto il numero dei senatori, i quali, come si è visto, non rappresenteranno la Regione da cui provengono, ma le forze politiche che li hanno selezionati e riprodurranno, dentro al Senato, 

la composizione partitica dei Consigli regionali, senza nemmeno essere vincolati (come avviene in Germania col vincolo di mandato) alle direttive della propria Regione

Stativi buoni.

Roy

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