venerdì 19 ottobre 2012

L'uomo politico esiste: Luigi Mainolfi


 
                    Franklin Delano Roosevelt ed il New Deal

La confusione regna sovrana. La politica sembra un caravan serraglio. I giornalisti- attori televisivi ammanniscono argomenti fuorvianti e da cronaca nera. Per il futuro, nessuno passa dalle accuse alle proposte.  Nessuna formazione politica sta dimostrando di partire dai problemi per elaborare un programma, che, abbinato a persone affidabili, dovrebbe essere proposto agli elettori. Partire dai nomi, significa non cambiare la mentalità, che ha generato il “macello sociale ed economico” (non è un’espressione esagerata). Il programma, però, non deve essere l’elenco della lavandaia, ma la conclusione di approfondimenti sociologici, economici ed etici. Io, ragiono così.
 Viviamo una grave crisi, dalla quale, secondo me, non si uscirà senza il contributo  di tutte le Istituzioni, a partire da quelle che esistono e insistono  sul territorio.  Un Premio Nobel ha diviso il mondo in gruppi: L’occidente industrializzato, gruppo della paura; Cina, India, Brasile e Russia, gruppo dell’appetito; il mondo arabo, gruppo del risentimento e i paesi africani, gruppo della speranza. Il mondo occidentale vive la crisi  con  preoccupazione. Noi, a maggior ragione, dovremmo essere più preoccupati e  agire, possibilmente con creatività. Dovremmo smetterla di essere solo contemplativi e ripetitivi (un filosofo parlava di “distruzione creativa”).
In un’economia globalizzata, dominata dalla inafferrabile finanza, non si può procedere con la superficialità che, in Italia, sta dominando la politica e l’attività amministrativa, da quasi un ventennio. Nella prima Repubblica, grazie al fatto che ogni forza politica aveva un suo modello di società, non era grave, come oggi , pensare che dovesse essere il Governo Centrale a  preoccuparsi di provocare sviluppo nell’intero Paese, con strumenti come la Cassa per il Mezzogiorno , le Partecipazioni statali, il Piano verde ed altri strumenti. Nella seconda Repubblica, con  forze politiche  senza identità, (sono più le aggregazioni per vincere che per governare), è più difficile trovare la bussola.  Se aggiungiamo che la solidarietà tra il Nord e il Sud si è spezzata,   diventa  vitale  l’azione delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri enti presenti sul territorio. Per poter assolvere  a questo ruolo, occorre attrezzarsi. In che modo?  Come prima cosa bisogna stabilire in quale logica si ragiona: in quella dello sviluppo o in quella delle comodità?
 Purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi, la logica delle comodità l’ha fatta da padrona. Se richiamiamo alla nostra mentre gli argomenti su cui le forze si scontrano, notiamo la mancanza della logica dello sviluppo. Ciò,  ha comportato e comporta consumo di risorse senza aumento dell’occupazione,  del PIL Provinciale e di quello comunale, cioè senza sviluppo. Anzi, la balorda logica, che ha guidato gli amministratori, ha fatto, anche, diminuire il valore della Città. Nella nostra Provincia, da alcuni anni la  decrescita e la  prevista perdita di importanza dei settori sui quali si era fatto affidamento per molti decenni, non sono  state  neutralizzate dallo sviluppo di settori, la cui importanza andava crescendo. Faccio un esempio: mentre nella Provincia di Arezzo la cultura produce l’8,4 per cento del PIL provinciale e il 9,8 per cento dell’occupazione, in Irpinia non si raggiunge nemmeno il 2 per cento sia del PIL, che dell’occupazione. Nella prima Repubblica, anche se non c’era un piano di sviluppo provinciale, ci furono molti tentativi  e proposte in favore dello sviluppo. Ne ricordo alcune: il Progetto 21, il Piano di sviluppo dell’Alta Irpinia di Rossi-Doria; le proposte del Professore, all’indomani del terremoto ed il piano di sviluppo della Comunità montana del Partenio. Per la città di Avellino, la costituzione dell’Ufficio per guidare la gestione del PRG. Nella seconda Repubblica si procede all’insegna del “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, fidando solo su settori che, come era prevedibile, sono diventati saturi (vedi l’edilizia e l’auto,  che, per ogni posto che perdono, fanno perdere alle attività collegate, rispettivamente altri dieci e cinque posti). Le Forze politiche, che  dimostrano di non avere un modello di società e di lottare per il potere fine a se stesso, chiedono consensi con la demagogia, con argomenti particolari o con il solo rivendicazionismo.
Noi riteniamo che ci sia bisogno d’altro. Occorrono proposte che facciano intravedere possibilità di sviluppo. Per partorire proposte, però, occorre avere un programma e per elaborare un programma occorre conoscenza.  Questo ragionamento era attuale già ai tempi di  Einaudi (conoscere per programmare) e del primo centrosinistra quando si parlava di programmazione economica. Oggi, in un’economia aperta e globalizzata e in una società liquida, la conoscenza è indispensabile.  A tal fine, occorre organizzare  convegni e confronti per iniziare un percorso di conoscenza, coinvolgendo energie intellettuali e sensibili al bene comune. Ciò, perché nessuno può pretendere di avere la verità. Il fine ultimo è organizzare un programma da sottoporre alle forze politiche, anche in previsione delle prossime elezioni. Poiché, le forze politiche provinciali sono piegate su se stesse e al loro interno gli unici argomenti sono la promozione a deputato, a senatore o a sindaco, si devono organizzare “i cittadini per il Buon Governo”.  Eistein , nel 1905, affermò: Non è possibile risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha creato.  Perciò, ci vuole un reale cambiamento.   Questa verità, ci deve spingere a cercare consensi, da utilizzare non per amministrare la realtà esistente, ma per contribuire a creare un’altra realtà, nella quale far rinascere il futuro delle nostre nuove generazioni, che negli ultimi anni è stato distrutto. Non è facile, ma non è impossibile.
Avellino...3.10.2012                                                                                                       Luigi Mainolfi
                                                                                           
(Associaz. Cittadini per il territorio)

Il bene comune è diventato materia per sognatori. Pensare alla Roosevelt con l'intervento articolato ma vincitore detto 'Nuovo Corso', il piano di riforme che combattè la grande depressione americana del 1929, è utopia o meglio ignoranza.

Spero in un New Deal italiano e  di non rimanere  un abitante dell'iperurania insieme a Luigi Mainolfi.

Stativi buoni
Roy