lunedì 25 gennaio 2016

L'Italia che vorremmo è un'isola che non c'è...

Tutto è travisabile, ogni cosa per quanto giusta ha il suo contrario, basta essere disonesti intellettualmente, perché qualunque  assunto possa essere tradotto giusto all'incontrario e trovare i suoi strenui adepti.

Ieri all'Arena di Giletti, si discuteva su quei pochi licenziati del Comune di Sanremo: c'era chi come il comunista Paolo Ferrero, ex ministro di Prodi, che s'incazzava per la presunta scelta demagogica del decreto Renzi, convinto che la legge già c'è, basta applicarla.

Qualche altro rappresentante dei dirigenti, ora investiti di un dovere che non vorrebbero subire, inveiva contro i contratti (!) che non sono stati rinnovati, e la moglie del vigile in mutande, difendeva quel poveretto del marito che quando non era in mutande, faceva timbrare lei al posto suo, perché troppo impegnato.

Un impiegato comunale, infine, stamane si rammaricava, perché nessuno parla di quelli onesti, che lavorano.

Partendo dall'ultimo, mi è sembrato duopo ricordare al comunale, che essere onesti non è un valore aggiunto, ma la normalità. 

Quando poi gli ho chiesto quanti fossero gli onesti nel suo comune, mi ha risposto che su ventidue impiegati, due o tre facevano il proprio lavoro!

Allora la sintesi è questa: le metastasi dell'inciviltà, ormai hanno pervaso ogni parte degli italiani.

La corruzione, la concussione, la truffa, l'inganno, la furbizia, sono diventati il corredo del buon italiano, ed una magistratura ad acta, contribuisce a far lievitare esponenzialmente il numero di lor signori, che con ricorsi e citazioni, riescono quasi sempre a corroborare il proprio destino di vergogna.

Stativi buoni.

Roy