23 dicembre 1947: Enrico De Nicola firma la Costituzione Italiana
MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
Art. 1.
(...) Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori (...)
Così, tanto per incominciare, evidenziamo l'articolo 1 che dovrebbe imporci, per Costituzione, una sudditanza a vita, dell'Unione Europea.
Questo è il motivo principe,crediamo, che spinge Merkel e compagni all'esaltazione del si al referendum: quale Stato mondiale potrebbe inserire nella propria Costituzione, la volontà di perdere la dignità di Nazione autonoma?
Troviamo criminale questa scelta;
svendere la Patria con la complicità di un Parlamento di venduti e corrotti, oltretutto eletti con una legge incostituzionale, è abominevole, e lo è ancora di più, fidando arrogantemente nella risposta di una maggioranza che tale non è.
La riforma sostanzialmente non muta i costi della politica
Le spese per il Senato ammontano,
attualmente, a circa 540 milioni di
euro.
Nel 2015 questa istituzione dal bilancio pubblicato sul sito del
Senato, risulta chiaramente che la
spesa per le indennità dei senatori,
(pari a circa 42 milioni di euro, ossia
meno del 10% del totale), è solo una
piccola frazione del costo complessivo
dell’Istituzione.
Rimarrebbero invariati,
invece, i costi legati alla diaria
(attualmente pari a circa 37 milioni di
euro) comprensiva delle spese di viaggio
e di permanenza a Roma, nonché
quelli più rilevanti, legati alle pensioni
di ex senatori ed ex dipendenti (ben
233 milioni di euro) o agli immobili.
Se la logica è quella del risparmio, perché non ridurre sia i senatori che i deputati?
Se la logica è quella del risparmio, perché non ridurre sia i senatori che i deputati?
Nel tempo sono stati avanzati diversi
progetti di riforma che proponevano di
ridurre il numero dei membri di entrambe.
Quanto pesa la spesa per le
indennità dei senatori in carica?
Perché non diminuire anche il
numero dei deputati?
Ha gravato sul bilancio complessivo
dello Stato per una percentuale dello
0,064%, con un rapporto di 1:1.568.
Una delle
disposizioni finali della riforma, allo scopo
dichiarato di rendere più efficiente la
gestione delle due Camere, istituisce
un ruolo unico dei dipendenti del
Parlamento.
Si costituzionalizza, così,
questa figura di funzionario statale, con
il rischio di sottrarla definitivamente alle
manovre di risparmio che interessano
tutti gli altri dipendenti pubblici (spending
review, blocco del turn over e degli scatti
stipendiali, tagli delle pensioni, etc.).
Nela graduatoria degli Stati con il
maggior numero di parlamentari per
abitante, l’Italia si colloca al 22° posto
sui 27 Paesi considerati.
Gli Stati di
dimensione comparabile presentano
valori analoghi: in Italia ci sono 1, 6
parlamentari ogni 100mila abitanti;
in
Francia 1,4 e in Spagna 1,3.
Hanno invece
una posizione particolare il Regno Unito
(2,4 parlamentari ogni 100mila abitanti)
e la Germania (0,8 parlamentari ogni
100mila abitanti).
Al di là dei numeri, che come si è
visto sono assolutamente nella norma, la discussione sul numero adeguato
di parlamentari dovrebbe essere
preceduta da una seria riflessione sulla
rappresentanza:
chi o che cosa si vuole
rappresentare?
Come?
Per esercitare
quali competenze?
www.ilbollettinoirpino.blogspot.it
Invero, se la funzione del Senato
deve essere, come si dice, quella
di tutelare le competenze regionali e
di rappresentare le istanze degli enti
regionali (e non direttamente l'elettorato
della Regione), allora il numero dei suoi
componenti si può ridurre ulteriormente,
alterando il rapporto popolazione/
rappresentanti, (ad esempio assegnando
un numero fisso e uguale di delegati
ad ogni ente territoriale, a prescindere
dalla sua consistenza demografica, come
avviene negli Stati Uniti).
La riforma, però, non sposa questa
logica.
Riduce soltanto il numero dei
senatori, i quali, come si è visto, non
rappresenteranno la Regione da cui
provengono, ma le forze politiche che
li hanno selezionati e riprodurranno,
dentro al Senato,
la composizione
partitica dei Consigli regionali, senza
nemmeno essere vincolati (come avviene
in Germania col vincolo di mandato) alle
direttive della propria Regione
Stativi buoni.
Roy
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