Qualche giorno fa ho letto sul “Corriere della Sera” un
articolo di Paolo Di Stefano sull’argomento che più volte ho stigmatizzato da
questa pagina.
Il titolo era L'italiano dimenticato, un
mini racconto sugli sforzi di tanti scrittori amanti della lingua del proprio
Paese.
Adriano Olivetti con la “Piccola guida d’ortografia”
voleva aiutare chi non avesse ben chiare regole difficili ma anche
appassionanti che permettono un’espressione corretta e peculiare dell’essenza
di uno scritto.
Bruno Migliorini, Gianfranco Folena, Andrea De Benedetti,
hanno offerto il proprio contributo perché una lingua splendida non fosse
mortificata per scelte inopportune.
Asini camuffati,
conoscitori della moda fonica, aspettano d’avere la possibilità di
sparare il proprio appagante “assolutamente si…o no…”.
Ripetere appena possibile l’avverbio che dovrebbe essere
utilizzato da solo, senza aggiungere gli altri affermativi o negativi, pare
provochi un orgasmo potente nei “fini” dicitori, alla pari delle leggi stupidamente
tradotte in inglese, che dovrebbero immetterci più compiutamente nel
significato delle cose.
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Ormai siamo tutti calciatori che quando vengono
intervistati, parlano seguendo canoni ripetitivi che hanno imparato a memoria: il
trucco sta nel saperli mischiare alla bisogna.
La Grecia, domenica, ha continuato come nei secoli, ad
acculturare ed a spiegare quali siano i valori di un popolo, quelli che
purtroppo, abbiamo perduto da tempo, per una sorta di rivincita dell’ottusità che
la politica ha favorito in questi anni.
Stativi buoni.
Roy